Con la Legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018), è stata introdotta una modifica all’istituto dello smart working, strumento pensato dal legislatore con l’intento di favorire la conciliazione dell’attività lavorativa con la vita personale e familiare.

In quest’ottica la legge istitutiva dello smart working (L. n. 81/2017) definisce tale fattispecie come una modalità di lavoro “agile” che datore di lavoro e lavoratore possono volontariamente attuare al fine di consentire la lavoratore lo svolgimento di parte (o tutta) l’attività lavorativa fuori dai locali aziendali.

L’accordo tra le parti deve essere stipulato in forma scritta e può essere concordemente stabilito per un tempo predeterminato oppure a tempo indeterminato, con la possibilità, in tale ultimo caso, di recedere nel rispetto di un periodo di preavviso (30 giorni per la generalità dei lavoratori, 90 in caso id lavoratori disabili).

Alcuni elementi specifici devono essere obbligatoriamente contenuti nell’accordo volto alla instaurazione dello smart working:

  • strumenti utilizzati dal lavoratore
  • modalità di esercizio del potere direttivo
  • tempi di riposo
  • misure adottate per garantire la disconnessione del lavoratore dagli strumenti di lavoro

La disciplina di cui sopra è stata recentemente integrata da parte del legislatore, mediante la Legge di Bilancio 2019.

Si è infatti pensato di agevolare alcune categorie di lavoratori prevedendo una priorità nell’accesso allo smart working con riferimento alle richieste formulate da parte di:

lavoratrici madri nei 3 anni successivi al termine congedo di maternità

– dei lavoratori di ambo i sessi con figli disabili

Tale ultima disposizione se da un lato ha il pregio di venire incontro alle esigenze di alcune categorie di lavoratori, dall’altro lato lascia perplessi dal momento che, senza apparente ragione, esclude dal diritto di precedenza altri soggetti in condizioni psicofisiche o familiari egualmente delicate e che avrebbero pertanto avuto diritto ad una identica agevolazione sotto il profilo della priorità di accesso allo smart working.

Si pensi ad esempio ai lavoratori disabili, ai lavoratori affetti da patologie cronico-degenerative o ancora alle madri o ai padri separati o vedovi con figlio a carico.

Questi soggetti sono esclusi dalla applicazione della norma pur in presenza di una condizione di svantaggio che giustificherebbe l’estensione di tale disposizione agli stessi.

Si deve auspicare un intervento della contrattazione collettiva o aziendale volto a colmare questa lacuna, oltre che in una interpretazione costituzionalmente orientata della norma da parte dei Giudici.

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