Come l’emergenza Covid-19 cambia le regole dello smart working
La situazione che stiamo vivendo, da febbraio 2020 a questa parte, ha fatto entrare prepotentemente lo smart working nelle aziende italiane, anche in quel realtà che ancora erano restie ad applicare questa modalità di lavoro.
Lo smart working (o lavoro agile) è nato con l’intento di consentire al lavoratore una migliore conciliazione tra attività lavorativa e esigenze familiari.
La disciplina dello smart working è contenuta nella L. 81/2017 che ha regolamentato il lavoro agile inteso come quella modalità di lavoro che consente al dipendente lo svolgimento dell’attività lavorativa in tutto o in parte al di fuori dei locali aziendali.
Secondo le disposizioni contenute nella predetta legge, lo smart working è attivabile su base volontaria, mediante accordo tra datore di lavoro e lavoratore. L’accordo deve essere formalizzato per iscritto e deve contenere, tra l’altro:
- l’indicazione degli strumenti utilizzati dal lavoratore (aziendali o personali) per rendere la prestazione
- le modalità di esercizio del potere direttivo
- la definizione dei tempi di riposo del lavoratore
- le misure tecniche e organizzative mediante le quali garantire il diritto alla disconnessione del lavoratore dagli strumenti informatici e tecnologici
La legge di bilancio 2019 è successivamente intervenuta per attribuire priorità nell’accesso a tale modalità di lavoro in favore delle lavoratrici madri (nei 3 anni successivi al termine di congedo di maternità), nonché ai lavoratori ed alle lavoratrici con figli disabili.
A causa della attuale emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19, il Governo è intervenuto con diversi decreti al fine di incentivare l’utilizzo generalizzato dello smart working in tutte le realtà lavorative, pubbliche e private.
Con decorrenza dal 8.3.2020 (data di entrata in vigore del primo DPCM) e sino al 3.4.2020 (salvo successive proroghe), è attribuita al datore di lavoro la facoltà di applicare tale modalità lavorativa indipendentemente da un preventivo accordo con il dipendente.
E’ quindi possibile per un’azienda attuare lo smart working senza necessità di stipulare un accordo scritto con le caratteristiche e le previsioni contenute nella L. 81/ 2017 sopra richiamata.
Ciò non esime tuttavia il datore di lavoro dall’obbligo di tutelare la salute e la sicurezza del dipendente, in primis con riferimento al rispetto dei limiti di legge relativi alla durata dell’orario di lavoro giornaliero, garantendo il diritto del dipendente alla disconnessione dagli strumenti informatici.
Allo stesso tempo, lo smart working dovrebbe essere considerato – in questa fase emergenziale – misura prioritaria da adottare ogni qualvolta sia possibile in relazione all’organizzazione dell’attività aziendale.
Le disposizioni del Governo, infatti, lasciano intendere che i datori di lavoro siano tenuti a dare attuazione alla modalità di lavoro agile e, soltanto ove ciò non risulti possibile, ricorrere agli istituti del ferie e dei permessi, o ad altre modalità di congedo.
Questo in un’ottica di correttezza e buona fede nell’adempimento delle reciproche prestazioni e in modo da evitare, tra l’altro, un utilizzo potenzialmente strumentale di tali istituti in danno dei lavoratori.
