Siamo in un’epoca strana, traboccante di tecnologia … e di superlavoro.
La tecnologia non avrebbe dovuto aiutare a lavorare di meno?
La realtà quotidiana che ci troviamo di fronte è spesso quella di persone che lavorano per molte più ore rispetto a quelle concordate contrattualmente.
Premesso che il datore di lavoro ha facoltà di richiedere al lavoratore di effettuare ore di lavoro straordinario, occorre domandarsi: il lavoratore può rifiutare lo svolgimento delle ore di lavoro straordinario quando questo si protrae oltre i limiti previsti dalla legge o dai contratti collettivi?
Per rispondere a questa domanda occorre fare un piccolo passaggio “tecnico”.
Il nostro codice civile prevede una norma che disciplina la c.d. eccezione di inadempimento. Questa disposizione prevede che in un rapporto contrattuale (come è quello tra datore di lavoro e lavoratore) nel caso di inadempimento contrattuale di una parte, l’altra parte possa – a date condizioni – eccepire tale inadempimento e rifiutarsi di adempiere la propria obbligazione sino a quando la parte inadempiente non abbia provveduto ad adempiere la propria.
La norma contiene due limiti, quello della proporzionalità tra gravità dell’inadempimento e rifiuto della prestazione e quello della buona fede da parte del contraente che sospende la propria obbligazione contrattuale. In sostanza, nel caso del lavoratore, perchè la sospensione della propria prestazione sia legittima, l’inadempimento del datore di lavoro deve essere di tale gravità da giustificare la propria astensione dalla prestazione lavorativa (ad esempio è stato considerato legittimo dalla Cassazione il licenziamento di una dipendente che si era rifiutata di presentarsi al lavoro per il mancato pagamento di una sola mensilità, mentre è stato ritenuto legittimo il rifiuto del lavoratore di prestare attività lavorativa in assenza delle misure di sicurezza obbligatorie).
Nel caso del lavoro straordinario, in linea generale, si può ritenere che qualora le ore di lavoro superino, in modo sistematico e continuativo nel tempo, il limite stabilito dalla legge o dai contratti collettivi – limite che, in ogni caso, non può essere superiore, mediamente, alle 48 ore settimanali, salvo deroghe previste per particolari categorie di lavoratori, in relazione a particolari servizi (es. servizi ospedalieri, aeroportuali, radiotelevisivi, ecc.) o a situazioni contingenti (es. cause di forza maggiore) – il lavoratore potrebbe eccepire l’inadempimento contrattuale del datore di lavoro.
Vi è infatti da considerare che lo svolgimento continuativo di ore di lavoro straordinario eccedenti i limiti legali, può incidere negativamente sulla salute della persona, ad esempio quando vengano ridotti i tempi di riposo contrattualmente previsti tra una prestazione lavorativa e l’altra, esponendo il lavoratore ad un maggiore stress, con possibili ripercussioni sulla propria salute e sulla sicurezza della prestazione lavorativa, aumentando il rischio del verificarsi di infortuni.
Il lavoratore potrebbe quindi, in presenza di tali condizioni, rifiutare legittimamente lo svolgimento delle ore di lavoro straordinario richieste in violazione dei principi di correttezza e buona fede e delle disposizioni di legge poste a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Già in passato la Cassazione aveva escluso che costituisse condotta disciplinarmente rilevante il rifiuto del lavoratore di svolgere ore di lavoro straordinario dopo circa 8 ore dalla fine del proprio turno, perché in questo caso non avrebbe potuto fruire “di effettive otto ore di riposo in considerazione dei tempi necessari per rientrare nel proprio domicilio e per essere nuovamente presente in azienda.” (Cass. 19 febbraio 1992, n. 2073).