Il decreto dignità (D.L. n. 87/2018) e la successiva legge di conversione (L. n. 96/2018) hanno introdotto importanti modifiche alla disciplina del contratto a tempo determinato.

In primo luogo è stata ridotta la durata massima del contratto a tempo determinato che non potrà avere durata superiore a 24 mesi (anziché i precedenti 36 mesi), tenuto conto anche di eventuali proroghe e i rinnovi. Qualora il rapporto a tempo determinato dovesse proseguire oltre i 24 mesi, si convertirà a tempo indeterminato.

Altra fondamentale modifica è costituita dalla reintroduzione delle causali.

Il D. Lgs. n. 81/2015 che era intervenuto a modificare la disciplina dettata dal D.lgs. n. 368/2001 aveva escluso l’obbligo di indicazione di una causale ai fini della validità del contratto a tempo determinato, legittimando pertanto la stipulazione di rapporti di lavoro a termine indipendentemente dalla effettiva esistenza di una esigenza di natura transitoria.

Con il decreto dignità viene invece ripristinato l’obbligo per il datore di lavoro di indicare la causale per la quale è prevista l’apposizione del termine al contratto di lavoro, ma soltanto per i contratti che superano, anche per effetto di proroghe, i 12 mesi. In particolare, la ragione giustificativa del termine deve rientrare tra le ipotesi previste dalla legge:

  • esigenze temporanee estranee all’ordinaria attività
  • esigenze di sostituzione di lavoratori (es. per ferie, maternità ecc.)
  • esigenze legate a significativi e non programmabili incrementi dell’attività ordinaria.

In assenza di una di queste causali il contratto sarà considerato a tempo indeterminato.

Per quanto riguarda eventuali rinnovi, invece, la norma prevede l’obbligo di indicare sempre la causale, anche nel caso in cui non si superino i 12 mesi.

E’ inoltre possibile prorogare il contratto fino a 4 volte nell’arco di 24 mesi. In caso di ulteriore proroga, il contratto si trasformerà a tempo indeterminato.

Una previsione di maggior favore per il lavoratore consiste nella estensione del periodo entro il quale è possibile impugnare il contratto portato da 120 a 180 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Rimane invece invariato il termine di decadenza, sempre di 180 giorni, previsto per il ricorso all’autorità giudiziaria, decorrente dalla data di impugnazione del contratto a tempo determinato.

La legge di conversione del decreto dignità ha previsto infine uno slittamento del termine di applicazione del nuovo regime che pertanto varrà per i contratti stipulati successivamente al 31 ottobre 2018.

Mentre per quanto riguarda i contratti stipulati tra la data di entrata in vigore del decreto dignità (14.7.2018) e la data di pubblicazione della legge di conversione (12.8.2018), nonché i rinnovi e le proroghe effettuate nel medesimo arco temporale, le disposizioni del decreto dignità hanno avuto immediata applicazione, poiché il decreto, al contrario della successiva legge di conversione, non ha previsto alcun periodo transitorio.

Vediamo nell’infografica i punti principali di questa nuova legge.

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