Il contratto a tempo determinato è oggi disciplinato dal D.Lgs. 81/2015.

Con questo decreto il legislatore ha abrogato il decreto legislativo n. 368/2001 introducendo alcune modifiche con riferimento alla durata ed ai limiti imposti dalla normativa alla stipulazione dei contratti a termine, nonché un diritto di precedenza in favore dei lavoratori a tempo determinato.

E’ anzitutto confermato, come già stabilito dalla previgente normativa, l’obbligo della forma scritta del contratto a tempo determinato che deve riportare il termine di scadenza dello stesso.

Allo stesso modo è confermata anche la natura c.d. acausale del contratto, nel quale non è obbligatorio indicare le ragioni sottese alla apposizione del termine.

La prima novità introdotta dal legislatore riguarda il rapporto numerico tra lavoratori assunti a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato. Il decreto legislativo stabilisce infatti che il datore di lavoro può stipulare contratti di lavoro a tempo determinato sino ad una quota corrispondente al 20% dei contratti di lavoro a tempo indeterminato presenti in azienda. Nel caso di superamento di tale soglia limite (che può variare in base a diverse disposizioni dei contratti collettivi) il datore di lavoro incorre in sanzioni amministrative pari al 20% della retribuzione per ciascun mese (o frazione di mese superiore a 15 giorni) di durata del rapporto di lavoro nel caso in cui la violazione coinvolga un solo lavoratore, con aumento al 50% nel caso in cui risultino coinvolti 2 o più lavoratori.

Queste limitazioni non si applicano per fasi di avvio di nuove attività (nei periodi previsti dai CCNL), start up innovative, attività stagionali, spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, sostituzione lavoratori assenti, assunzione di lavoratori di età superiore a 50 anni, contratti di insegnamento, ricerca assistenza, coordinamento e direzione stipulati tra università private, istituti pubblici di ricerca, enti privai di ricerca e lavoratori, contratti stipulati tra istituti di cultura statali o enti, pubblici e privati per esigenze temporanee legate a realizzazione di mostre, eventi e manifestazioni di interesse culturale (sono escluse le fondazioni di produzione musicali).

Per quanto riguarda invece la durata del contratto, la legge prevede un limite massimo di 36 mesi, comprensivo anche di eventuali interruzioni o di contratti di somministrazione stipulati con lo stesso datore di lavoro, con riferimento a medesime mansioni, livello e categoria di inquadramento. In caso di violazione di tale termine, il rapporto di lavoro si trasforma a tempo indeterminato con diritto del lavoratore ad una indennità risarcitoria tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità di retribuzione.

E’ consentito al datore di lavoro rinnovare il contratto nel rispetto dei c.d. periodi di tolleranza. Nel caso di contratti inferiori a 6 mesi non potrà essere stipulato un nuovo contratto prima del decorso di 10 giorni, mentre nel caso di contratti superiori a 6 mesi, occorre attendere almeno 20 giorni prima di poter procedere alla conclusione di un nuovo contratto. L’eventuale violazione comporta la trasformazione del nuovo contratto a tempo indeterminato.

Ulteriore facoltà concessa al datore di lavoro è quella di prorogare il contratto in essere con il dipendente fino ad un massimo di 5 volte in 3 anni, fermo restando il limite massimo di 36 mesi previsto dalla legge. In caso di ulteriore proroga successiva al 36° mese, il nuovo contratto si trasforma automaticamente a tempo indeterminato.

Il decreto legislativo ha introdotto un’altra importante novità, attribuendo al lavoratore che abbia prestato attività lavorativa con contratto di almeno 6 mesi il diritto di precedenza in caso di assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro 12 mesi dalla cessazione del rapporto, qualora tali assunzioni riguardino lo svolgimento delle medesime mansioni.

Il diritto di precedenza è stato esteso anche ai lavoratori stagionali a tempo determinato i quali  hanno diritto di precedenza rispetto alle nuove assunzioni stagionali effettuate da parte dello stesso datore di lavoro.

Resta infine confermato il divieto di utilizzare il contratto a termine (la cui violazione comporta la trasformazione a tempo indeterminato) nei seguenti casi:

– in sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

– in unità produttive dove, nei 6 mesi precedenti si è proceduto a licenziamenti collettivi che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato; nella fattispecie la norma non può essere derogata con accordi sindacali. Rimane ferma la possibilità di assumere con contratti di durata non superiore a tre mesi, ovvero in sostituzione  di lavoratori assenti o, infine, per assumere lavoratori iscritti alle liste di mobilità;

– in unità produttive nelle quali si è operata una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di CIG, per lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato;

– in assenza del documento di valutazione dei rischi in applicazione della normativa sulla igiene e sicurezza sul lavoro.

Vediamo le novità riportate nell’infografica.

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