Il contratto di agenzia è disciplinato dal codice civile come quel contratto attraverso il quale una parte si obbliga, su incarico di un’altra, a promuovere la conclusione di contratti in una determinata zona, dietro compenso.
L’agente può svolgere la propria attività come monomandatario, ossia perseguendo gli interessi di una sola azienda, oppure può avere l’incarico di promuovere gli affari di più aziende diverse (agente plurimandatario).
La durata dell’incarico è stabilita dalle parti e può essere a tempo determinato o indeterminato. In tale ultimo caso ciascuna delle parti ha facoltà di recedere, senza alcuna motivazione, rispettando tuttavia il termine di preavviso stabilito in contratto, che non può comunque essere inferiore a quanto previsto dalla legge. Il codice civile prevede che il preavviso debba essere di minimo un mese per il primo anno di contratto, con un incremento costante di anno in anno, sino al raggiungimento di un massimo di 6 mesi di preavviso.
Spesso l’attribuzione dell’incarico è accompagnata anche da una procura a concludere i contratti di cui l’agente è promotore ed in questo caso si ha la figura dell’agente con rappresentanza (o rappresentante di commercio). Tale soggetto ha pertanto il potere di concludere direttamente i contratti in nome e per conto del preponente.
Di regola, il compenso dell’agente è stabilito in misura percentuale sul fatturato, ma in talune circostanze è possibile prevedere anche un importo fisso mensile, che può essere o meno computato nelle provvigioni dovute, a seconda degli accordi.
Il contratto è regolato dalle disposizioni del codice civile e da quelle contenute nell’Accordo Economico Collettivo di settore (AEC) che viene normalmente richiamato all’interno del contratto, il quale definisce, in modo particolareggiato, le modalità di calcolo della indennità di cessazione del rapporto, applicando criteri diversi rispetto a quanto previsto dal codice civile.
Questione fondamentale e solitamente generatrice di contenzioso è quella legata alla determinazione dell’indennità di cessazione del rapporto spettante all’agente.
La disposizione codicistica (art. 1751 c.c.) stabilisce un limite massimo alla misura dell’indennità, prevedendo che non possa comunque superare la media delle retribuzioni percepite negli ultimi 5 anni (o nel periodo di più breve durata del contratto).
Inoltre secondo il codice civile tale indennità spetta solo se l’agente ha procurato nuovi clienti o ha sviluppato sensibilmente gli affari con i clienti esistenti e se il pagamento di tale indennità è equo tenuto conto delle circostanze concrete, cioè delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari conclusi con tali clienti.
L’indennità, sempre a norma del codice civile, non spetta caso di:
– recesso volontario dell’agente, salvo il caso in cui il recesso dipenda da circostanze riconoscibili al preponente o situazioni oggettive che rendano impossibile proseguire l’attività (es. malattia, infermità, raggiungimento dell’età pensionabile);
– recesso del preponente per inadempimento dell’agente;
– cessione del contratto (e dei relativi diritti e obblighi) a terzi
Gli accordi economici collettivi, invece, strutturano l’indennità in 3 componenti diverse:
- indennità di risoluzione del rapporto: calcolata in misura percentuale sulle provvigioni liquidate e accantonata nel fondo FIRR Enasarco. Tale indennità non spetta in caso di ritenzione indebita di somme di spettanza del preponente e, secondo quanto previsto in alcuni AEC, in caso di concorrenza sleale o violazione vincolo di esclusiva)
- indennità suppletiva di clientela: calcolata in misura percentuale su tutte le somme (anche diverse dalla provvigione) percepite dall’agente nel corso del rapporto, sulla base di quanto previsto dall’accordo economico collettivo di riferimento. Tale indennità è riconosciuta anche in assenza di incrementi di fatturato o di clientela, salvo fatto imputabile all’agente o recesso volontario dell’agente (ad eccezione di recesso dovuto a situazioni oggettive come malattia, infermità, raggiungimento età pensionabile )
- indennità meritocratica: calcolata in misura percentuale in proporzione all’incremento di clientela o di fatturato
Per risolvere il contrasto di disciplina si fa riferimento, in giurisprudenza, al criterio del “trattamento minimo garantito” per cui occorre applicare la normativa che assicuri all’agente il migliore risultato, dato che l’art. 1751 c.c. stabilisce l’inderogabilità, a svantaggio dell’agente, delle disposizioni che disciplinano l’indennità di fine rapporto.
